Il 25 settembre 2013 si è svolta in località Ceppo di Rocca Santa Maria (Teramo) la manifestazione per ricordare il 70° Anniversario della Battaglia di Bosco Martese e la prima Battaglia in campo aperto della Resistenza Italiana.
La manifestazione è stata integralmente videoripresa da Vincenzo Cicconi della
PacotVideo.
Dopo la deposizione di una corona d'alloro ai Caduti Partigiani ai piedi del Monumento al Partigiano ci sono stati diversi interventi.
La manifestazione è stata presentata da Mirko DE BERARDINIS, Segretario Provinciale ANPI
Hanno portato i loro saluti:
Stefania GUERRIERI, Sindaco di Rocca S. Maria (TE)
Vincenzo ESPOSITO, Sindaco di Valle Castellana (TE)
Mauro MARTINO, Presidente Consiglio Provinciale Teramo
Sono intervenuti:
Roberto RICCI, Docente di Storia e Filosofia
Alberto DI DARIO, Segretario Provinciale CGIL Teramo
Antonio FRANCHI, Presidente Provinciale ANPI
Giovanni LEGNINI, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Rappresentanza del Governo
INTERVENTO DEL PROF. ROBERTO RICCI (dal 24° al 37°minuto
Ricorrono settanta anni dalla battaglia di Bosco Martese e quest’anno l’anniversario riveste un particolare significato: inizia un nostro settuagenario percorso della memoria che si concluderà per noi teramani il 14 giugno 2014 con la Liberazione di Teramo e poi come italiani il 25 aprile 2015 e il 2 giugno 2016.
I settanta anni di Bosco Martese hanno segnato diverse generazioni di teramani e vanno ormai considerati un patrimonio comune della città e della provincia di Teramo, una tradizione di libertà e di democrazia.
Sicuramente un momento essenziale della nostra stessa identità di teramani e italiani nel secondo Novecento
Anni che si allontanano nel tempo, ma sempre attuali per la lezione che ancora ci indica tra la memoria degli eventi con le fonti più diverse, la storia della ricezione e la narrazione di quegli eventi.
In effetti la battaglia di Bosco Martese contribuisce a caratterizzare la Resistenza italiana come un fenomeno nuovo, considerato ormai come un Secondo Risorgimento per gli interventi decisivi espressi a più riprese dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, specialmente in occasione del 150° dell’Unità d’Italia.
Dopo l’8 settembre 1943 a Bosco Martese si volle, con una decisione precisa, un forte concentramento di militari e civili che si oppose alla occupazione tedesca di Teramo.
I tedeschi, arrivati in città, decisero di reprimere questa presenza e con un battaglione motorizzato, il 25 settembre, cercarono di battere i partigiani; respinti, tornarono il giorno dopo, il 26, con nuovi rinforzi ma furono nuovamente sconfitti.
Fu il primo successo militare e politico della Resistenza italiana.
Qui si sacrificarono giovani vite umane contro l’oppressione nazi - fascista.
Qui furono uccisi il 25 settembre i teramani Luigi
De Jacobis, Guido
Belloni, Mario
Lanciaprima, Gabriele
Melozzi, Guido
Palucci.
A Sella Ciarelli il 26 settembre furono fucilati i tre militari dell’arma dei Carabinieri e il sergente maggiore degli alpini catturati alla Stazione dei Carabinieri di Pascellata, Leonida
Barducci di Ancona, Settimio
Annecchini di Fossacesia (Chieti), Angelo
Cianciosi di Furci (Chieti), Donato
Renzi di Pascellata.
Furono questi morti a far entrare Teramo nella Storia della Resistenza e in quella della Italia Nuova con le parole di Libero Pierantozzi da Radio Bari nel novembre 1943, che ancora nel 1973 nel ricordo di quegli eventi stigmatizzava i nomi di alcuni protagonisti:
Ammazalorso, i fratelli
Rodomonte, il capitano
Bianco, gli ex deportati jugolaslavi, De
Nigris, Ciccillo
Di Marco e altri ancora.
Per rappresaglia a Bosco Martese troverà poi la morte Mario
Capuani il 27 settembre 1943.
A Montorio al Vomano, in uno scontro a fuoco con i repubblichini, il 13 dicembre 1943 fu ucciso Ercole Vincenzo
Orsini.
Essi furono tra i principali organizzatori di quel concentramento e rappresentano l’esempio più fulgido del patriottismo teramano.
Un valore finalmente riconosciuto con la medaglia d’oro della Resistenza concessa dal Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi nel 2005.
Una lotta con origini lontane.
L’esilio e la morte di Romolo
Di Giovanntonio (1941), Francesco
Martella (1943), Renato
Villermin (1944).
Il travaglio umano e civile dovuto alla guerra dei militari Renato
Molinari e Alberto
Pepe, morti a seguito della netta scelta di campo (1945).
La battaglia di Bosco Maltese fu soprattutto un “fenomeno forse unico in tutto il corso della Resistenza italiana, quello della emigrazione compatta della parte più attiva di un’intera popolazione in montagna”.
Ce lo ricordava Roberto Battaglianel suo libro “Storia della Resistenza italiana”.
Un chiaro e indubitabile riconoscimento militare e civile di questa esperienza di partecipazione attiva, specialmente dei giovani come Riccardo
Cerulli, dei giovanissimi ragazzi della ragioneria, del liceo Classico Melchiorre Delfico organizzati da Vincenzo
Massignani, dei militari, dei teramani, degli stranieri (slavi, inglesi, americani), della popolazione, dei parroci di montagna.
Ma la battaglia di Bosco Martese va inserita in un contesto più ampio.
L’Abruzzo è intensamente interessato alle vicende del 1943 - 1945:
la presenza del Re dopo la fuga da Roma verso Brindisi, di Mussolini a Campo Imperatore, la rivolta di Lanciano, i martiri aquilani, le stragi di Pietransieri e di Filetto, l’epopea della
Brigata Majella, la battaglia di Ortona, i bombardamenti lungo la linea adriatica, Pescara, Giulianova, Tortoreto stazione, Teramo, l’Aquila, Chieti, Lanciano, Sulmona.
Bosco Martese entra così a pieno titolo nella storia della Resistenza italiana dopo Porta San Paolo, Cefalonia, le quattro giornate di Napoli.
Dopo settanta anni è giusto, è utile porci la domanda: ha ancora un senso una memoria che si perde con il tempo, con la scomparsa dei testimoni, il passare delle generazioni ?
E’ sufficiente riaffermare un dovere verso la memoria per renderla vitale e duratura?
Si tratta di lavorare sulla memoria, affinarne i caratteri, farne un lievito di buon pane nel tempo.
Soprattutto la memoria ha una valenza educativa per tutti, un valore straordinario specialmente per i giovani.
La memoria aiuta a scomporre e ricomporre l’identità, l’appartenenza, la cittadinanza.
In particolare ormai occorre un uso pubblico della storia e una sua cittadinanza a pieno titolo, una cittadinanza attiva.
Si tratta di sfidare il passato, con le doverose cautele, mediazioni, professionalità, farne uno strumento intelligente del nostro presente senza paure e senza infingimenti anche sul carattere di guerra civile che fu, senz’altro, la Resistenza.
Il segreto di Bosco Martese ?
Senza dubbio - “un atto di audacia“ perché avviò il superamento della lacerazione materiale e morale dell’8 settembre una ricomposizione delle coscienze in un nuovo senso dell’identità, dell’appartenenza, della cittadinanza.
Così l’idea di libertà e di avversione al nazifascismo ancora istintiva, ribellistica, giovanile dei tanti teramani, lo stesso ritrovato orgoglio cittadino e municipale, provinciale, diventò linfa vitale congiungendosi con un nuovo senso della Patria dei militari italiani dopo l’8 settembre dovuto alla autocoscienza della guerra perduta, un senso non soltanto italiano ma europeo e mondiale per la presenza di ex prigionieri.
Occorrerebbe ricostruire vita per vita dei combattenti di quella epica battaglia, in particolare la generazione del 1920 fino al 1926/7, per meglio intendere il significato dei 1600 teramani che vi parteciparono.
Ne scaturirebbe il travaglio esistenziale della guerra con la avversione al nazi-fascismo, la tensione morale, la socialità di quella esperienza, la maturazione, la connessione comunitaria ideale e civile prezioso lascito per la successiva Liberazione di Teramo e la costruzione dell’Italia del 2 giugno 1946, l’Italia della Repubblica e della Costituzione.
Questi caratteri permetterebbero anche, senza perdere mai di vista di combatteva per la libertà e chi per la tirannide, una analisi distaccata e più attenta sulle vite spezzate e poi ricomposte dopo l’8 settembre, specialmente utilizzando la cosiddetta “zona grigia”, come ci ha insegnato Primo Levi ne I sommersi e i salvati e quanti - e furono la maggioranza – non presero parte attiva agli avvenimenti ma ne furono comunque condizionati, influenzati e ne assimilarono la lezione.
Questo è il modo migliore per rispondere ai detrattori della Resistenza e del cosiddetto revisionismo storico : la Resistenza fu una lotta per una idea di libertà e di giustizia che poi si è arricchita, maturata, radicata se da essa è nata l’Italia democratica, plurale e antifascista.
E portiamo ancora e vivono con noi il lascito dei combattenti di allora, le sofferenze, le emozioni, la speranza di un mondo migliore nella pace, più libero e più giusto per tutti.
Una storia condivisa non può che avere questo carattere.
Non una storia dei vincitori sui vinti, ma una riscrittura umana dei sentimenti, delle emozioni, dell’etica della Resistenza rispetto a quella di Salò.
In generale della sofferenza degli italiani dopo l’8 settembre che diventa nazione con la stagione resistenziale e Stato Nuovo con la Repubblica.
Perciò è tempo di una mappa dei tempi e dei luoghi della memoria resistenziale nel nostro Abruzzo.
Un itinerario che parta da Bosco Martese con la data del 25 settembre come festa civile dei teramani e degli abruzzesi e faccia trovare una rinnovata unità e identità della provincia di Teramo e della Regione Abruzzo sul filo delle memoria partendo da quest’anno fino al 2016.
E come - soprattutto - tutto questo è stato il risultato di un intreccio fecondo di esperienze e culture diverse, di vissuto, sentimenti, partecipazione, presenza degli abruzzesi nell’esercito, nelle nostre città e nelle nostre campagne, nelle nostre montagne, con la tessitura di una nuova dimensione della memoria collettiva.
Ecco perché possiamo parlare della Resistenza come un fatto di popolo, ecco perché i valori di Patria e Nazione dopo l’8 settembre non rivestono più i caratteri della retorica ma una acquisizione convinta, una sedimentazione e una trasmissione nel tempo con un rapporto sempre vivo tra memoria personale, familiare e comunitaria.
Allora come possiamo far vivere ancora il clima dell’8 settembre, l’Italia alla deriva, la occupazione tedesca, la guerra in casa, i passaggi di fronte, il freddo, la paura, ma anche la voglia di riscatto, l’entusiasmo, l’orgoglio dei teramani e degli italiani?
La Resistenza ci ha lasciato questa ricchezza: una memoria aperta che permette ancora la narrazione perché appartiene ad ognuno di noi e alle nostre famiglie, alla nostra identità di teramani e di italiani.
La battaglia di Bosco Martese ci insegna che in alcuni momenti della nostra vita bisogna scegliere da che parte stare ascoltando la voce della coscienza e della ragione.
Ci insegna ancora una memoria aperta della nostra identità, appartenenza, cittadinanza che nessuno può spegnere e che la Resistenza ha saputo interpretare e trasmettere nei mesi bui dell’occupazione tedesca e poi, ancora, attraverso il ritorno alla democrazia con i Partiti e le organizzazioni democratiche nei mesi esaltanti della Repubblica, della Costituente,della Costituzione, della Ricostruzione.
Sono stati questi gli anni dell’Italia che hanno voluto quanti hanno combattuto qui e quanti, soprattutto, si sono sacrificati con la vita.
E’ questa l’Italia che amiamo e che vogliamo sia ancora.