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mercoledì 25 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 9°)

Devo mio malgrado riferire le motivazione che mi hanno indotto a troncare l'iscrizione all'ex PCI: in qualità di proletario tengo a preci­sare di non essere mai venuto meno allo schieramento di sinistra par­tecipando a tutte le manifestazioni, politiche, sindacali e di voto.

Que­sto per dichiarare con forza che la speranza di una società giusta, pacifica e democratica, mai mi ha abbandonato.

Io non sono cambiato, mentre molti individui entrati nel PCI a livello Provinciale e Nazionale sono stati accolti e premiati con cariche importanti ma quando hanno compreso che la loro mediocrità in quel contesto, non consentiva di realizzare l'obiettivo prefissato, malati di camaleontismo di bassa lega. hanno cambiato bandiera in questo modo affermando il poltronismo malattia del secolo.

Altro male è il verticismo e il trasformismo.
Viene a mancare così il rapporto diretto tra base e vertice viene meno il convincimento politi­co - orientativo soprattutto in quei compagni (e ne sono tanti) che non hanno la possibilità di capire il linguaggio politichese ad uso e consu­mo dei Poltronisti.

Il mondo va avanti con un progresso che non modifica in senso buono le condizioni degli abitanti della Terra, ma aggrava sempre di più la differenza tra ricchi e poveri.

Voglio sperare che nel mondo cresca un grande movimento guidato da uomini capaci di cambiamenti radicali dove ogni uomo e ogni don­na possa sentirsi partecipe e protagonista.

Sognare non costa niente e per fortuna non si può proibire.

Ora voglio esternare alcune considerazioni che hanno segnato il mio comportamento.

Prima che mio padre morisse mi sono iscritto al P.C.I. e il mio impegno non é mai mancato.

Il segretario del PCI provinciale Nencini, "tosca­no", lanciò una campagna di reclutamento che mi vide impegnato; al termine della campagna di reclutamento si tenne una manifestazione al Teatro Comunale nel corso della quale venni premiato per il lavoro svolto dal compagno Ferrari che nella lotta partigiana era stato commissario Politico della seconda Brigata Iulia, il comandante era il de­mocristiano Zaulari, la brigata operava nel parmense.

Quando venne a Teramo il compagno Togliatti in una assemblea te­nutasi alla sala Lenin fui nominato responsabile del servizio d'ordine .

Quando venne a Teramo il compagno Di Vittorio, potei stringergli la mano nella riunione del direttivo provinciale di cui facevo parte.

Venne a Teramo una seconda volta.
Dopo il comizio percorse Via Capuani: gli andai incontro, mi riconobbe e ci stringemmo la mano con molta gioia, uno degli accompagnatori alla sede del PCI era Pasquale Limoncelli.

In un’altra occasione venne a Teramo la medaglia d'oro alla Resi­stenza, il Segretario Nazionale dell'ANPI Arrigo Boldrini.

In Piazza Martiri della Libertà era accompagnato dal presidente provinciale Giorgio Valente e Antonio Rodomonte, ma benché ci incontrassimo faccia a faccia finsero di non conoscermi.
Non capii perchè non meritassi un saluto, non ho mai chiesto nulla!

Anche quando sono venuti nel teramano segretari nazionali CGIL, nonostante facessi parte dei vari direttivi e della segreteria FILLEA fui considerato uno dei tanti partecipatiti ai comizi.

Io penso che se un compagno viene eletto nelle varie istanze deve avere la stima e la fiducia che merita in toto, altrimenti nei congressi non deve essere proposto per farne parte.

Quando sono stato impegnata ho dato quello che era nelle mie possi­bilità e con orgoglio posso affermare che ancora godo della stima di tutti i lavoratori che mi hanno conosciuto.

­Voglio ricordare che il principio in cui credo è la persona giusta al posto giusto, nell'interesse del movimento sindacale.

Purtroppo non serve la rappresentanza obbligata partítica, ma la volontà di crescere e far crescere il sindacato.


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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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martedì 24 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 8°)

Negli anni cinquanta lavorai nell'officina metalmeccanica Antonio Di Teodoro e fui membro del direttivo provinciale C.G.I.L..

Negli anni 50' - '60 con il compagno Italo De Angelis organizzammo gli scioperi dei mezzadri nella Val Vibrata per l'applicazione del "lodo De Gasperi”.

Nel 1953 cambiai lavoro e diventai un edile, presi la tessera sindacale FILEA oggi FILLEA che mi ha accompagnato fino alla pensione.

Le ragioni che mi hanno spinto a raccontare la mia vita di militante non sono auto celebrative sono solo una testimonianza del lavoro svolto da uomini come me nell'interesse dei lavoratori per affermare la democra­zia contro ogni tentativo di affossamento della Costituzione.

Nei 60 anni di appartenenza al sindacato e' giusto ricordare alcuni episo­di e alcuni compagni che hanno contribuito a costruire un sindacato forte.
La lotta della Val Vomano fu vittoriosa perché si riaprirono i cantieri per il completamento dell'opera.
Si pose il problema di organizzare i lavoratori nei cantieri.

Segretario della categoria degli edili era il compagno Savino Savini indimenticabile per abnegazione e capacità, ex membro della commissione interna.

In quel periodo ero disoccupato.

Fui incaricato di celebrare il primo maggio a Cesacastina.
Allora non c'era la strada per raggiungere il paese; si doveva percorre­re sentieri di montagna.
Mi accompagnò l’allora segretario della Came­ra del Lavoro di Nereto Nello D'Innocenzo.

A Cesacastina mi aspetta­va il compagno Domenico Forti membro della commissione interna.

Alcuni giorni dopo fui incaricato di organizzare il sindacato nei cantie­ri di Bosco Martese in collaborazione con altri compagni.
lo ero favo­rito a raggiungere in poco tempo i vari i cantieri perchè ero un camminatore instancabile.
Mi incontrai con Arnaldo Di Giovanni.

Al cantiere Castellano ricordo il compagno Quaranta di Cusciano, al cantiere Tordino Domenico Di Carlantonio di Padula, il fratello lavorava come magazziniere nel cantiere di Cavate.

Poco tempo fa ho incontrato a Teramo Mario Di Paolo che lavorava come carpentiere nei cantieri di Bosco Martese: Mario non aveva dimenticato il mio lavoro di attivista sindacale.

Non ricordo la data, ma un giorno si svolsero le elezioni per i rappresentanti sindacali.


A competere erano CGIL e CISL.

Per la CGIL ero candidato come rappresentante in quattro dei sette cantieri (Cippo, Castellano, Tordino e Cavate) per la CISL il figlio di Angeletti allora segretario provinciale di quella organizzazione.

La vittoria alle elezioni della CGIL fu schiacciante.
Ho lavorato successivamente a Milano, Genova, Roma. ovunque partecipando all’at­tività sindacale.

Vale la pena di ricordare il contributo dato anche alla costituzione della Cassa Edile prodigandomi nell'opera di convinci­mento sulla sua utilità vincendo la resistenza dei datori di lavoro, l'in­credulità e la passività di molti lavoratori che non capivano quale importanza rivestiva per il movimento operaio. Anche se quella battaglia fu dura sono orgoglioso di aver contribuito alla costituzione della Cas­sa Edile.

Sono orgoglioso anche che molti di quegli operai scettici quando li ho incontrati di nuovo me ne hanno reso merito.

Dopo tanto peregrinare nei cantieri di tante città d'Italia tornai a Teramo e trovai lavoro nel cantiere autostradale a Casale S.Nicola frazione del Comune di Isola dei Gran Sasso.

Fui eletto membro del direttivo FILLEA e della segreteria Provincia­le, al congresso Regionale fui eletto componente del direttivo.
Ho fatto anche parte del direttivo provinciale CGIL.
Arrivato alla pensione al primo congresso SPI venni eletto responsa­bile della commissione verifica poteri del direttivo Provinciale.

Ora sono per mia scelta un semplice iscritto che mantiene sempre un rap­porto corretto e di stima con i compagni della CGIL.

Nel 1983 gli antifascisti teramani con alla testa Alfredo Zaccaria volle­ro nominarmi segretario provinciale dell’associazione A.N.P.P.I.A., gli altri componenti erano: Berardo Taddei, Alfredo Pompa, Mario Marcelli, Renato Tuzzolí, Giuseppe Di Ferdinando, Umberto Angelucci, Carlo Palucci, Arturo Martellacci, Giorgio Valente.

L'attività dell’A.N.P.P.I.A andò avanti regolarmente attraverso assemblee congressuali e iniziati­ve varie: il gemellaggio Teramo – Ivangrad, la commemorazione di Ercole Vincenzo Orsìni con la presenza di Clemente Maglietta.

La commemorazione di Romolo Di Giovannantonio e Berardo Di Antonio, con Riccardo Cerulli, Mario Mammuccari, Giulio Spallone componenti la segreteria nazionale dell’A.N.P.P.I.A. e la posa del Cippo commemorativo presso la villa Comunale di Teramo, con la partecipazione del Sindaco di Teramo Pietro D'Ignazio, dell'assesso­re alla cultura e allo sport Antonio Tancredi, Luciano Fratoni in rap­presentanza del Segretario generale della C.G.I.L. Pasquale Di Massimantonio e dei rappresentanti dei Partiti della Sinistra.


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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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lunedì 23 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 7°)

L'entusiasmo per la fine del fascismo e della guerra facilitò la crescita del P.C.I.

I compagni per raggiungere le varie zone dove si esercitava l'opera di proselitismo e organizzazione usavano le gambe e le biciclet­te e le rare auto e moto possedute dai militanti; ricordo a proposito i compagni Francesco D'Alessio, Francesco Nori e il compagno Gigi D'Eugenio con il suo 500 Guzzi.

Nei vari quartieri si organizzarono le cellule.

Nella ex Federazione Fascista si insediarono: il Partito Comunista, il Partito Socialista e l'A.N.P.I.
Fu organizzata una biblioteca, con libri donati dai compagni Tommaso e Giovanni Ciunci e fu organizzato il circolo giovanile "Stella"
Il compagno Alessio Camardella tenne lezioni sul marxismo, sul plus valore, sulla cultura in genere.

In principio tutto funzionava a meraviglia.
Iniziò un periodo di scarsa partecipazione alle riunioni, mentre impe­rava la disoccupazione.
Si comprese che la cultura, la prospettiva del domani forniva la spe­ranza, ma per l'oggi?

Nel sindacato C.G.I.L. iniziò un periodo di difficoltà soprattutto nel settore dell’edilizia, con i1 conseguente ristagno dello sviluppo organizzativo anche nelle campagne.

Il Segretario della Camera del lavoro che sostituì Antonio Tosti, un certo Riccardo Riccardi, con­tribuì alla situazione di crisi attraverso la firma di accordi antioperai.

La società Terni concessionaria per lo sfruttamento delle acque nella nostra Regione, terminate le costruzioni delle centrali di S.Giacomo e Provvidenza, interruppe i lavori per la costruzione della terza centrale, chiudendo tutti i cantieri.
La società Terni licenziò 700 operai con un accordo beffa avallato dal segretario Riccardo Riccardi.
Venne richia­mato da Chieti il compagno Toni Di Paolantonio per assolvere alla fun­zione di segretario provinciale della C.G.I.L.

Anche nel P.C.I. avvenne un cambio direzionale, nuovo segretario provinciale diviene il toscano Nencini; responsabile dell'organizzazio­ne Raul Silvestri.
Si cercò di rimediare alla situazione di crisi lancian­do una campagna di reclutamento nel partito.

Si impegnarono tutti i compagni attivisti, fu anche lanciata una sottoscrizione e il ricavato permise l'acquisto di una Balilla.
La campagna di reclutamento ebbe un certo successo, ma mancava ancora un progetto politico per af­frontare la crisi economica del momento.

In quel tempo facevo parte della commissione di organizzazione del Partito e del direttivo provinciale.

In una riunione del direttivo vi fu uno scontro di posizioni.
Nella relazio­ne introduttiva il segretario Nencini sostenne che la campagna di reclu­tamento con un partito più forte avrebbe risolto i problemi esistenti.
Mentre altri compagni sostenevano che senza un progetto politico di rilancio della nostra Provincia non avremmo risolto nulla.
Lo scontro si concluse con l'espulsione del compagno Vincenzo Massignani e di Vincenzo Pultroni.

Con il ritorno di Tom a Teramo cominciò a cambiare la situazione sia nel Partito che nel sindacato.
Tom iniziò a riprendere contatto con tutti gli attivisti sia del partito che del sindacato.

Gli incontri avveniva­no in ogni luogo e si protraevano fino alle quattro del mattino.
Si iniziò in questo modo a preparare il terreno per la lotta del Vomano.

Intanto un certo Tranquilli lavorò con grandi sacrifici, ma con grande successo, all'organizzazione del sindacato dei mezzadri.

II progetto della Val Vomano che doveva rappresentare il riscatto della nostra pro­vincia e dell'Abruzzo intero cominciava a determinarsi.

Il completamento delle centrali idroelettriche avrebbe prodotto tanta energia capace di trasformare tutto l'Abruzzo.

Per coinvolgere tutte le categorie che operavano su tutto il territorio era necessario spiegare quali benefici si potevano ottenere con la vittoria del progetto Val Vomano.

Si riuscì a coinvolgere nella lotta tutta la gen­te, portando nelle più sperdute zone la parola del sindacato e del partito.

Quanti compagni comunisti e socialisti si impegnarono senza tregua per il progetto Val Vomano !
Molti di noi compagni non avevano la facilità nell'uso della parola ma ci aiutavamo con appunti sui fogli di carta.

Una delle armi che ebbe una grande risonanza furono gli scioperi a rovescio.

Punto focale del­la lotta fu Montorio al Vomano, con scontri con le forze dell'Ordine: come si può dimenticare il grande contributo dato dalle donne di Montorio al Vomano?

Intanto Vincenzo Massignani rientrò nel partito, e fu uno dei protagoni­sti di quelle lotte.
Vincenzo era proprietario di un motociclo “cardellino" della Guzzi.
Tom, che doveva recarsi a Montorio con urgenza, non avendo a disposizione altri mezzi, si fece accompagnare da Vincenzo, ma prima di arrivare a Montorio in una curva a gomito chiamata del "genera­le” caddero entrambi, per fortuna senza conseguenze.


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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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domenica 22 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 6°)

Dopo alcuni mesi dalla Liberazione vengo chiamato dal comando Alleato che risiedeva nel Palazzo Cerulli, di fronte al Teatro Comuna­le.

Dopo le presentazioni di rito, un alto ufficiale dell'esercito alleato mi chiese, mostrandomi un pezzo di carta, se quella ricevuta con la mia firma era la stessa che avevo rilasciato al sig. Giovanni Lera.

Penso che l'affermazione dell'autenticità della mia firma su quel fo­glietto consentì il rimborso al sig. Lera, mentre a me fu rilasciato un attestato di Combattente della Libertà.

Voglio anche testimoniare che nonostante le difficoltà, per operazioni di guerriglia furono scelte zone che non comportavano coinvolgimento della popolazione civile.
Tengo a ricordare la mia adesione al movimento antifascista avvenu­ta all'età di 15 anni

Terminato il periodo della lotta partigiana nel 1944 richiesi tramite domanda, firmata da due garanti, l'iscrizione al P.C.I. al quale fui ammesso.
Nel 1945 mi iscrissi al sindacato­.

A Liberazione avvenuta, il Comitato Provinciale di Liberazione. come primo atto, elegge a Prefetto di Terarno il partigiano capitano Lorenzini.
Iniziò il riordino amministrativo in tutti i Comuni della nostra Provincia e si appaltarono i lavori per la ricostruzione in seguito ai danni provocati dai bombardamenti alleati e dalle truppe tedesche nel corso della ritirata.

Convocato il Congresso del P.C.I., Segretario Provinciale venne elet­to Nicola Crapsi tecnico impegnato nella costruzione della Centrale di S.Giacomo.
Iniziò così il lavoro di organizzazione del P.C.I., mentre nel sindacato si avviò il lavoro di proselitismo ce di organizzazione.
Segretario provinciale della Camera del Lavoro Provinciale era il compagno Antonio Tosti.

Fu costituita una commissione giovanile composta da: Michele Artese e Marisa Savocco rappresentanti del partito socialista.

Salvatore Tirabove rappresentante repubblicano.
Orlando Esposito e Mario Ambrosini per il partito comunista e un rappresentante dell'azione cattolica.

Orlando Esposito lavorò alla ricostruzione del ponte di Cartecchio e fu eletto rappresentante sindacale.
Per la costruzione organizzativa del sindacato vi fu la collaborazione dei vari partiti anche se col tempo la situazione cambiò.

Devo necessariamente esporre in quale contesto si operava per or­ganizzare i partiti e il sindacato.

L'assetto economico della nostra Provincia si basava sulla grande proprietà agraria.
Poche famiglie erano proprietarie dei migliori terre­ni ed erano molto ricche, mentre tredicimila famiglie di mezzadri era­no molto povere e penalizzate da un capitolato colonico beffa stipula­to dopo l’avvento del fascismo.

Vi erano anche circa 14mila coltivatori diretti comprensivi anche di piccoli proprietari non coltivatori diretti.
Il lavoro nei campi si svolgeva a mano e con 1'ausilio dei buoi.

A quel tempo era in uso nelle famiglie contadine avere il calzolaio, il sarto, il fabbro nel corso dell'anno; il pagamento avveniva quando era terminata la mietitura.
Da considerare che l'energia elettrica non era sufficiente.

Pensate che i capoluoghi comunali erano scarsamente illuminati.
La maggior parte degli abitanti aveva installato uno strumento detto limitatore il quale scattava se si accendevano in contemporanea due lampadine e si rimaneva al buio

In tutte le case abitate dai contadini dislocate nelle campagne l'illumina­zione avveniva usando l'acetilene a carburo o il lume a petrolio.

Non era sviluppata la rete idrica, molte famiglie avevano il pozzo artesiano.
Nelle città le categorie più rappresentate erano: i fabbri. i falegnami, i sarti, gli edili e gli impiegati che sognavano le 1000 lire al mese.

Nel periodo anteguerra la situazione economica era molto grave.
La sporca guerra poi aggravò ulteriormente la situazione economica per la mancanza di braccia conseguente alla chiamata alle armi.

Ho voluto descrivere questa situazione per tenerla in giusta considerazione.

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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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sabato 21 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 5°)

Alcuni giorni prima della Pasqua del 1944 decisi di riprendere contat­to con Armando Ammazzalorso e, con Nicola Sclocchini, mi recai a Poggio Valle dove fummo ospiti della famiglia Tassoni.
Nel paese incontrammo Attilio Taraschi e Guido Pezza.
Dopo qual­che giorno avvenne l'incontro a Valle Piola e fu molto festoso.

Ar­mando Ammazzalorso era in compagnia della squadra di Garrano con i partigiani Vittorio Fanelli, Gino Battistelli, Scacchia e Fazzini, ospiti della famiglia di Velio Ferrante.
Concordammo che nella zona dove dovevo operare era troppo facile essere scoperti, bisognava attendere che il grano fosse alto.

Nel mese di maggio con mio padre in località Piano d'Accio, al di là del fiume Tordino, incontrai Felice Rodomonte.

Ci venne a contattare a Casemolino il colonnello Mazzei, anche egli facente parte della re­sistenza.
Presero contatto con me e mio padre sempre nel mese di maggio del 1944 un inglese e un americano dell'esercito alleato i quali ci informarono di un gruppo di partigiani, al comando di Pelagalli, attivo a Civitella del Tronto con cui avremmo potuto prendere contatto.

Intanto si pensò di fare qualche atto di sabotaggio.

Le truppe tedesche avevano messo nei vari incroci stradali dei cartelli indicatori per la percorrenza delle autocolonne: invertimmo i cartelli da un bivio ad un altro creando confusione e perdita di tempo alle autocolonne tedesche.

Nei primi giorni di giugno l'esercito tedesco iniziò la ritirata dal fronte.
A Castellalto un gruppo partigiano capeggiato da un individuo poco raccomandabile si comportò in modo da creare turbative atte a di­struggere documenti del Comune, imponendo, con atti intimidatori, al parroco Don Serafino De Berardinis colazioni e pranzi gratis.

I notabili del paese informati della nostra presenza, tramite Vittorio D'Andrea che aveva funzioni di applicato di segreteria nel Comune, ci fecero sapere che la nostra presenza sarebbe stata utile e necessaria.

lo e mio padre ci recammo a Castellalto e, resici conto della situazione, accettammo di assumerci la responsabilità di ristabilire l'ordine.

Così il gruppo che avrebbe dovuto operare nella guerra contro i nazifascisti fu impegnato nell'opera di polizia e prevenzione, impe­dendo ai soldati tedeschi e fascisti sbandati ogni atto inconsulto.
Riuscimmo a fronteggiare la precaria situazione.

Nell'ufficio comu­nale si doveva ricostruire l'anagrafe e tutti gli atti amministrativi.
Avem­mo la fortuna di avere in qualità di segretario comunale il sig. Lucci che con instancabile senso del dovere riuscì a ristabilire la normale attività del Comune.

L'altro problema era la mancanza di sale e l'aiuto agli sfollati.
Anche questi problemi furono risolti coinvolgendo le famiglie proprietarie che contribuirono con soldi e sacchi a far arrivare il sale da Santa Mar­gherita.

A distribuzione avvenuta furono restituiti soldi e sacchi.
Gli sfollali furono assistiti.
Furono istituite scuole.

Per assolvere ai compiti di polizia collaborarono: i fratelli Giovanni e Gennaro Nocella, Nicola Sclocchini, Serafino De Luca, Antonio Pallitti, Orazio Rotolone, Domenico Di Ferdinando, Emidio Filippini, Davide Recchiuti.

Il 17 agosto 1944 il Commissario Provinciale del governo Militare Alleato nominò Commissario Straordinario per l'amministrazione al Comune di Castellalto Gaetano Ambrosiani.

II 29 ottobre 1944 il Prefetto Giovanni Lorenzini comunicò a mio pa­dre la nomina a Sindaco della civica amministrazione di Castellalto.

Per quanto dichiarato sull'incontro avvenuto con Armando Ammazzalorso in località Valle Piola due giorni dopo la Pasqua del 1944, devo aggiungere che nel viaggio di ritorno alla mia base operativa non fu possibile usare il percorso precedentemente usato, per evitare incontri e scontri con pattuglie nazifasciste.

Questo comportò l'allungamento del percorso, una notte all’addiaccio nella neve, in compagnia dell'ululato del lupo.

Alle prime luci dell'alba riprendemmo il cammino, dopo aver percorso qualche chilometro trovammo le impronte dei lupi sulla neve.
Giunti a Pietra Stretta ci incamminammo per raggiungere il paesino di Piano Maggiore, li fummo ospi­tati dalla famiglia di Giovanni Lera.
Il mattino seguente prima di ripartire ci fu richiesta una ricevuta per attestare l'ospitalità ricevuta, che rilasciai.


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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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venerdì 20 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 4°)

Dopo la battaglia si pose il problema di fronteggiare un attacco im­provviso nella notte da parte delle truppe tedesche.
Si decise di costituire tre gruppi di volontari composti da 33 partigiani per ogni gruppo.

Del primo gruppo, del quale feci parte, ebbe il comando Armando Ammazzalorso.
Ricordo ancora alcuni altri compagni: Giorgio Valente, Attilio Maraschi, Guido Pezza e altri di cui non rammendo i nomi.

Un altro gruppo fu comandato da Mirco Matatievick, l'altro ancora da Ryko Neradovic.

II gruppo Ammazzalorso si dispose sul colle ver­so Paranesi per prevenire un attacco da quella parte.
Gli altri due gruppi si disposero uno a fronteggiare il versante di Ascoli Piceno, l'altro per vigilare l'eventuale attacco proveniente da Amatrice.
Il gruppo comandato da Adelchi Fioredonati si stabilì fin da subito sul Monte Gorzano.

Durante la notte si notarono molte luci nei boschi sottostantì, erano soldati tedeschi scampati alla morte nel combattimento che si era ingaggiato.

Il giorno 26 settembre, considerata la missione compiuta, riprendem­mo la via del ritorno a Bosco Martese.

Il sentiero obbligava a ripassare sull'Ara Martesa dove trovammo Carlo Ricci intento a estrarre l'otturatore della mitraglia per renderla inservibile.
Chiedemmo il motivo di tale comportamento e la risposta fu che nel corso della notte c'era stato il "si salvi chi può".

Dietro un cespuglio notammo un uomo che dormiva di un sonno profondo, lo svegliammo: era Alberto Rodomonte.

Nel ritornare a Bosco Martese ci imbattemmo nella postazione Rodomonte ma non c'era più nessuno.
Controllammo la mitraglia Saint Etienne per renderla inservibile, poi proseguimmo per Bosco Martese dove non trovammo nessuno.

Scendemmo a Pietralta dove fummo ospitati dalle famiglie del luogo.

Alle ore 15,00 cominciarono a tuonare i cannoni, si comprese che i tedeschi al più presto sarebbero arrivati in forze.

Ammazzolorso con responsabilità e grande capacità riuscì ad evitare il rastrellamento delle truppe tedesche.

I gruppi comandati dai due comandanti slavi erano composti da partigiani slavi e da partigiani di Montorio al Vomano.
Furono costretti a duri combattimenti con molti feriti e molti morti.

Evitati i rastrellamenti, riuscimmo a scendere a Magnanella, dove fummo ospitati da Gilda Cordone la quale già ospitava suo fratello Gaetano.
Dei gruppo dei 33 alcuni tornarono a Teramo, altri furono incaricati di riprendere i contatti con i partigiani che operavano in città.

Ristabiliti i contatti, ci furono mandati viveri e quanto occorreva per sopravvivere.

Da Magnanella ci spostammo sul monte Tre Croci in località Acqua Chiara dove era ubicata una baracca della forestale.

ln quei giorni dal campo di concentramento di Servigliano in provincia di Ascoli Piceno, ci fu un evasione di prigioníeri, alcuni dei quali vole­vano passare il fronte, li ospitammo per alcuni giorni, tra essi un ame­ricano, un inglese, un polacco e tre slavi.

Vennero da Teramo Bruno Sanatacroce, Bruno Cellini e Ivo Mordente.

Informati che la Forestale avrebbe ripreso possesso della baracca, Ammazzalorso ed il sottoscritto ci spostammo a Villa Gesso dove fummo ospitati da Donato Di Silvestro.

Nel mese di novembre (del 1943) si decise che Ammazzalorso sarebbe rimasto in zona per riorganizzare i gruppi di partigiani mentre io mi dovevo spostare nella zona di Castellalto per organizzare un altro gruppo di partigiani che avrebbe operato in un'altra zona.

La mia famiglia si era dovuta trasferire a Casemolino frazione del comune di Castellalto dai genitori di mia madre, così il mio compito si rese più facile.
Venne l'inverno con tanta neve e non fu facile tenere i contatti con i vari gruppi.


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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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giovedì 19 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 3°)

Nel mese di settembre (1943) ci furono contatti e riunioni per decidere il da farsi, considerato che il fronte era ancora lontano.
Iniziò a Teramo un movimento di truppe tedesche da e per il fronte.

A Piazza Garibaldi il capitano dei carabinieri Bianco disarmo una co­lonna di soldati tedeschi che poi, per ordine del colonnello comandante del distretto di Teramo Scarienzi, furono riarmati.
Questo episodio provocò una presenza più massiccia delle truppe tedesche.

Si scelse da parte di tutti gli antifascisti di organizzare la lotta armata.
Si tenne una riunione con la partecipazione di: Ercole Vincenzo Orsini, Armando Ammazzalorso, Adelchi Fioredonati, il capitano Giovanni Lorenzini, Felice Rodomonte, Mario Capuani, il cap. Ettore Bianco, Vincenzo Poltroni, Gaetano Ambrosini ed altri di cui non ricordo il nome.
lo non partecipai a quell'incontro, ma ne fui informato da mio padre.

A quella riunione si confrontarono due posizioni: quella dei comunisti i quali proponevano la formazione di gruppi partigiani in alcuni punti strategici con la possibilità di attacco e vie di fuga e il collegamento, tramite radio, con i gruppi che operavano in città.

L'altra tesi era di andare a Bosco Martese e di li organizzare i gruppi di resistenza.
La seconda proposta prevalse.
Così tutti si impegnarono per l'organizzazione a Bosco Martese.
Tutto l'occorrente: armi, vitto, vestiario e contenitori per la mensa fu prelevato dalle caserme.

Il giorno 22 settembre 1943 riesco con un mezzo di fortuna a raggiungere Bosco Martese.
Vi giunsi verso mezzogiorno.

Appena arrivato mi informai dove era il comando: questo era ubicato nella casetta della Forestale, nel cui spazio antistante era stata siste­mata la mensa.

Nell'area ora occupata dall'albergo e su tutto il colle circostante erano accampati tanti uomini di tutte le età, dai giovanissimi agli anziani.


Notai sul piazzale, tra gli altri, Loreto Piantini, Antonio Di Teodoro Adone, Gianni Nisii.

Molti di quei giovani si erano rifugiati a Bosco Martese per paura dei tedeschi
Il giorno 24 settembre ci fu la consegna delle armi.
Molti giovani non ne conoscevano l'uso, così mi resi utile facendo l'istruttore.

Il giorno successivo, 25 settembre, giunse una staffetta la quale informò che i tedeschi avevano prelevato nel mulino De Iacobis dei partigiani e li avevano fucilati e che una colonna motorizzata era diretta a Bosco Martese.

Il fatto nuovo non dava il tempo necessario per una organizzazione compiuta
La battaglia si svolse nell'Ara Martesa.

L'Ara Martesa è un piccolo spazio tra due colli: a sinistra si trova un'altura che arriva fino a Bosco Martese, sulla destra il colle che arriva fino a Paranesi.

Nello spazio adiacente alla strada c'era una baracca dei boscaioli davanti alla quale era stata piazzata una mitragliatrice con il mitragliere Carlo Ricci detto "Macinino", ottimo e coraggioso pugile, così chiamato per il suo modo di combattere.

Sul colle di sinistra in un'altra piazzola era stata sistemata una mitra­gliatrice di fabbricazione francese una Saint Etienne controllata da uomini della banda Rodomonte, tra essi c'era anche Italo Piantini.

Sul colle che si estende sopra Paranesi, appena sopra la strada, erano stati sistemati altri partigiani.

Fatta avvicinare la colonna tedesca a circa trenta metri iniziò il fuoco.

La colonna tedesca fu sorpresa dalle due mitragliatrici e dai partigiani che erano disposti sopra la strada.

Finita la battaglia si contarono numerosi morti da parte tedesca.
Il co­mandante la colonna tedesca fu preso prigioniero da Felice Rodomonte e fu condotto al comando Partigiano.
Fu processato e condannato a morte per essersi reso responsabile della fucilazione dei partigiani prelevati dal mulino De lacobis.

mercoledì 18 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 2°)

Mi propongo di raccontare come sono stato coinvolto prima nel movimento antifascista, nella lotta partigiana e, a Liberazione avvenuta. nell'esperienza politica e sindacale.

Fino ad ora ho evìtato di darne testimonianza non ritenendomi un primo attore ma un umile attivista.
Sollecitato a tal proposito comincerò la mia narrazione dal 1940 ad oggi

Nel 1940 tornai a Teramo dopo essere stato per nove anni da una sorella di mio padre.

Avevo conseguito la licenza elementare, i miei genitori pensarono di darmi una maggiore istruzione, mi iscrisserocosì all'Istituto di avviamento professionale.

Il sabato era stato istituito un corso premilitare per preparare i giovani alla guerra.
Io non volevo prendervi parte ma mio padre mi consigliò di partecipare, perché la conoscenza delle armi un giorno sarebbe stata utile.
Le motivazioni espresse da mio padre mi convinsero.

Fu utile a me e a quei compagni reduci della guerra dei 1915 - 1918 che avevano dimenticato l'uso delle armi.

Per quanto riguarda l'impegno politico di mio padre esso inizia nel lontano 1920 come socialista impegnato nella costituzione della prima cooperativa socialista, fu membro della Camera dei Lavoro che organizzò il grande sciopero dei mezzadri.
Nel 1921 aderì al PCI.

Mio padre, artigiano del legno, riusciva a evitare il controllo dell’OVRA, la polizia politica che il regime fascista aveva istituito mascherando le riunioni degli oppositori antifascisti con commesse di lavoro.
Fu coerente con i suoi ideali fino alla sua morte avvenuta nel maggio 1945.
Il conflitto non fu come avevano affermato i regimi totalitari nazisti e fascisti, una guerra lampo, perciò gli antifascisti intensificarono la loro attività clandestina per discutere sul da farsi.
Anche i fascisti si preoccupano ed entrarono in allarme.

Ricordo che il 30 aprile 1943 organizzarono pattuglie per il controllo della città, temendo che il Primo Maggio avrebbero potuto avere delle sorprese.
Le sorprese le ebbero ugualmente: sul Sanatorio trovarono scritte che rccitavano: "il duce qui ci conduce"; nel cimitero trovarono altre scritte che recitavano "Fascisti presto fatevi la fossa".

Autori furono giovani antifascisti.
In risposta furono arrestati molti vecchi antifascisti.
Si pose allora il problema dì far liberare gli arrestati.

Degli autori delle scritte ricordo alcuni nomi: i fratelli Glauco e Manderò Mobili, Giorgio Valente, Lucio Liberi, Mario D'Amico e tanti altri nuovi alla lotta clandestina

Una volta arrestati gli antifascisti, i fascisti più tranquilli allentarono la sorveglianza sulla città.
Apparvero però nuove scritte sui muri che recitavano, "Chi scrisse scrive liberate gli innocenti”.
Gli arrestati furono liberati, ma la preoccupazione dei fascisti crebbe, perchè l'episodio dimostrava che gli antifascisti diventavano sempre più numerosi.

A luglio 1943 cade il fascismo, ma la guerra continua.

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Testimonianza di Mario Ambrosini
Tratto dalla Collana "Quaderni della memoria"
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martedì 17 aprile 2007

Mario Ambrosini: dall'antifascismo alle lotte sindacali. Brevi ricordi di un militante. (Parte 1°)

E' una testimonianza diretta e franca quella che viene presentata, resa da una persona che per tradizione famigliare e per convincimento personale, ha fatto dell'antifascismo e dell'affermazione dei diritti dei lavoratori un cardine della propria vita.

Figlio di un oppositore della dittatura fascista, di quel Gaetano Ambrosini che aveva pagato a caro prezzo la sua irriducibilità al regime.

Mario è stato uno di quei giovani che allo scoppio del secondo conflitto mondiale seppero restituire linfa vitale al movimento antifascista teramano stremato da venti anni di oppressione, ma non domo.

Scorrono uomini e avvenimenti della Resistenza teramana che viene restituita con semplicità e forza evocativa insieme, alle nuove generazioni e agli immemori.
Mario Ambrosini ne parla in termini asciutti, senza nessun cedimento retorico o oleografico.
Eppure quanta consapevolezza e quanta verità vi è nelle sue parole!

Un "militante", così egli si definisce ma la sua partecipazione alla lotta partigiana, la sua presenza nei luoghi e ai momenti salienti della Resistenza teramana, ne fanno un testimone di tutto rispetto.
Allo stesso modo, con naturalezza che gli invidiamo, egli racconta in brevi pagine una vita di lavoro, di affermazioni di diritti, di crescita di consapevolezze.

Ne sortisce un ritratto di un uomo la cui dignità e la cui moralità fanno tutt'uno con una militanza rigorosa e mai abbandonata.
I richiami alla coerenza, alla fermezza dei principi, al rispetto di se stesso come degli altri, rappresentano così il suggello di una vita, esemplare nella sua affascinante semplicità.

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Presentazione di Luigi Ponziani
(direttore della Biblioteca Provinciale Melchiorre Delfico - Teramo)
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